La concorrenza con la scuola tolmezzina dell’intaglio, grazie al prezzi più bassi e all’impiego di dorature e colori per ravvivare la pietra bianca delle cave pedemontane, porta lo scultore e la sua bottega a elaborare anche vere e proprie “ancone” o pale d’altare in pietra, secondo la tradizionale articolazione a trittico, ovvero a tre scomparti sormontati da una lunetta con stipiti e architrave fittamente decorati a motivi fitomorfi, come nel caso della Madonna con bambino tra Santi, nella chiesa cimiteriale di San Nicolò a San Giorgio della Richinvelda (1497), dove evidenti tracce di minio, e foglia d’oro, oltre che di ocra rossa e cinabro testimoniano la tendenza a decorare a policromia anche la scultura lapidea. Un’altra importante testimonianza si conserva nella chiesa di Sant’Ulderico a Villanova di Pordenone (firmato e datato al 1520) dove l’altare assume la configurazione di una facciata architettonica, a trittico, con statue e rilievi con l’Annunciazione, ai lati delle modanature, a tutto tondo, con una lunetta sormontata dall”Eterno Padre benedicente, il Cristo passo e il beato Odorico, oriundo del luogo, e San Ulderico, elaborando una struttura architettonica che anticipa la monumentalità dell’altare per la pieve d’Asio, e anche in quest’opera si passa dal tutto tondo, all’alto rilievo e anche a una sorta di stiacciato di effetto plastico nelle figure degli angeli musicanti.
In questo contesto, un più ambizioso respiro architettonico porta Pilacorte a concepire per l’antica pieve di San Martino a Vito d’Asio, un monumentale altare a doppio ordine raccordato da volute a un timpano: ma prima di questa impresa, Pilacorte aveva scolpito per la chiesa di San Giacomo a Clauzetto un altare a più figure, dipinto e dorato, di cui recentemente è stato recuperato nel 2017 un frammento scolpito con un angelo orante , riferito a un ‘opera documentata e datata al 1523: su un lato di quest’opera Pilacorte si firma accanto al figlio Alvise o Aloisio, unico attestato della presenza e dell’attività dunque di un figlio maschio dello scultore, presenza finora mai prima individuata.
Vito d’Asio, Pieve di San Martino. Altare. 1525/26 firmato e datato. Sul fianco sinistro “MDXXV”
Pilacorte era giunto dunque all’ultima fase della sua lunga e operosa vita di scultore suggellata da un altare nella Chiesa di Santo Stefano a Rosa, firmato e datato 1530, smembrato e ricomposto, presumibilmente la sua ultima opera realizzata: si tratta in realtà di un intervento in più fasi, che vede impegnato Pilacorte e la sua bottega in una serie di opere originariamente eseguite per la chiesa di San Giovanni di Passarizza, antica chiesa campestre distrutta dalla piena del Tagliamento, di cui fa parte una formella ad altorilievo con la decollazione del Battista, datata al 1507 ed un altare, sempre firmato da Pilacorte, datato al 1530. Le figure della Madonna col Bambino riprendono la tipologia dell’altare d’Asio, nelle avvolgenti e lineari pieghe del manto, e anche la tipologia del volto di San Giovanni Battista e dell’Evangelista Giovanni, denota la gravità pienamente cinquecentesca e plastica delle figure, ampie e monumentali. Completa l’intervento un’acquasantiera, datata al 1525, sorretta in origine da putti musicanti ora scomparsi per la manomissione del fusto, la cui coppa è scandita dalla sua tipica sequenza di teste di angeli, un po’ di maniera.