LOCALITÀ “COSTA”.
Seguendo l’indicazione di Villa Sulis, che accompagna il visitatore dalla pianura fin sotto il colle del Castello, nella borgata di Costa, toponimo che sta per “fianco o falda di collina o montagna”, si raggiunge una casa a doppio loggiato in pietra locale, di edilizia spontanea, unico esempio superstite nel territorio sottoposto a vincolo da parte della Soprintendenza dopo il terremoto del 1976, giunto appena in tempo prima del suo crollo: già casa Bassutti, una volta acquisita dal Comune di Castelnovo è stata oggetto di un intervento di ristrutturazione. In facciata ha conservato il ritmo delle aperture originario, con porticato e loggiato poggianti su colonnine in pietra, secondo una tipologia diffusa in Carnia e che si ritrova fino alle pendici pedemontane. Ora adibita ad usi culturali, ospita una sala per convegni, una sala per esposizioni e all’ultimo piano è custodita una collezione di ceramiche graffite rinascimentali reperite in loco e vincolate dal Ministero dei Beni Culturali.
Qui sono esposte infatti le produzioni ceramiche provenienti da campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza Archeologica del Friuli Venezia Giulia nel 1982, a seguito della segnalazione di vari reperti affiorati in superficie intorno alla borgata dei “Crûz” , e delle ricerche condotte a Castelnovo dallo studioso e collezionista Luigi Ciceri.
I depositi argillosi finalizzati al manufatto ceramico, ampiamente diffusi nella pedemontana oltre che la presenza di corsi d’acqua e l’abbondanza del legname, hanno offerto la materia prima per l’insediamento di tale produzione, composta da stoviglie e oggetti a uso domestico: ciotole, piatti, catini e boccali, tutti oggetti lavorati al tornio. Si tratta per lo più di ceramica graffita, dipinta e verniciata, ovvero di manufatti caratterizzati da una tecnica consistente nell’incidere il disegno con una punta sul pezzo rivestito da un bagno di argilla bianca (ingobbio), una produzione che si diffonde a fine Quattrocento nelle principali località friulane, in prossimità di castelli, e che aggiunge la qualità del decoro al vasellame da mensa più comune e in uso. Una selezione significativa dei reperti è stata allestita dagli uffici di Udine della Soprintendenza nel 2001, a cura di Serena Vitri e Gianna Malisani e con la progettazione allestitiva di Ferruccio Montanari: ordinato per tipologie e suddiviso in vetrine a sospensione, il materiale ceramico è accompagnato da un ampio corredo di apparati didascalici.
Tra i numerosi frammenti recuperati, oltre a moltissimi treppiedi di cottura, si evidenziano i repertori decorativi e le forme che caratterizzano la produzione friulana del pieno cinquecento, con una predilezione locale per i motivi ornamentali concentrici nei colori giallo ferraccia e verde ramina, mentre più raro è l’impiego del colore blu. A questi esempi si affiancano ornati geometrici e vegetali appartenenti alla cosiddetta “famiglia floreale gotica”, ma anche vere e proprie presenze figurative caratterizzate dallo stesso preciso e descrittivo linearismo usato dagli artisti attivi in Friuli tra quattro e primo cinquecento come ad esempio Bellunello o Gianfrancesco da Tolmezzo, negli affreschi o nelle cantinelle che decoravano i palazzi friulani; si tratta in genere di profili maschili e femminili, clipeati e variamente acconciati appartenenti alle tematiche amatorie e di apparentamento tra famiglie, e anche di motivi araldici, scritte, motivi vegetali e zoomorfi a carattere simbolico, come gli animali e i ritratti entro verzieri o siepi recintate, tra alberi e rosette beneauguranti. (www.ecomuseolisaganis.it)
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