Insieme all’imponente e candida facciata della Chiesa di San Nicolò, ad annunciare da lontano questo luogo e la sua storia millenaria, dominando il suo singolare paesaggio composto da colline argillose, corsi d’acqua, boschi e antichi borghi abbarbicati in cima ai suoi dossi un tempo costantemente ripuliti dalla boscaglia.
Grazie a una nuova attenzione alla cura del paesaggio, le sue quaranta borgate, frutto di insediamenti di vertice, stanno riemergendo dalla vegetazione e dall’oblio per raccontare la storia di un luogo un tempo più vivacemente vissuto, che nel censimento della popolazione del 1871 contava 3067 abitanti, saliti nel 1911 a 3.904 presenze. Nella guida a Spilimbergo e il suo distretto, edita postuma a Pordenone nel 1872, Luigi Pognici descriveva Castelnovo del Friuli come “un giardino del paradiso”, i cui abitanti si distinguono “per laboriosità frugalità e parsimonia”, segnalando tra le attività più diffuse soprattutto la presenza di donne dedite all’agricoltura, nonchè muratori, tagliapietra, fornaciai. Ed è sempre Pognici a raccontarci che in questo “terreno marnoso, sostenuta a palo secco lussureggia la vite, della quale vennero e vengono introdotte sempre migliori qualità”.
Il suo paesaggio ancora oggi è dunque caratterizzato da vigne-sostenute da caratteristici pali in legno- e frutteti, coltivazioni che plasmano le colline terrazzate, ben esposte a sud: qui si possono infatti degustare i vini autoctoni, quali Ucelùt e Scjaglin a bacca bianca, e Piculìt Neri e Forgiarin, oltre che ammirare gli orti e frutteti, vanto e ornamento dei beàrz, antico vocabolo di origine celtica che indica un terreno attiguo alla casa cinto da siepe o coltivato ad orto, o anche delle braide, piccoli poderi recintati secondo l’etimo longobardo, ricordandoci che il variegato territorio di Castelnovo ha dato vita a una vasta quantità di nomi di toponimi, a partire da quello, inequivocabile, della borgata Vigna.
Particolarmente provato dal terremoto del 1976, oltre che dallo spopolamento e dall’erosione del terreno a causa della fitta rete dei corsi d’acqua, il suo ricco patrimonio di architettura spontanea, purtroppo non posto sotto la tutela dell’art. 8 della L. R. n. 30 del 20 giugno 1977, conta oggi solo poche testimonianze superstiti. Con vincolo della Soprintendenza è stato possibile salvaguardare seppur parzialmente la casa a loggiato detta Villa Sulis, mentre una particolare azione di recupero ha interessato le “ancone” o capitelli votivi disposti lungo la fitta rete dei sentieri, che raggiungono borgate e anche chiese sparse tra cui in particolare, dominare la valle del Cosa, la suggestiva Collemonaco. L’esplorazione del più antico borgo di Castelnovo, Praforte vecchio, fatto evacuare dal Ministero della Difesa negli anni Sessanta per dare spazio al poligono di tiro del monte Ciaurlec, può ancora però dare l’idea di antichi saperi costruttivi, per gli stipiti e le colonne sapientemente lavorati grazie alle molte cave di pietra che fornivano in loco materiali come la giallina piera dolça tanto apprezzata dagli scalpellini ma anche dagli antichi maestri lapicidi che la adoperarono in capolavori quali i portali del Duomo di Udine o di quello di Spilimbergo, e che qui, come lungo tutta la val Cosa in particolare, lasciarono ampie testimonianze della loro opera, a partire dal Pilacorte e dal suo genero nonché stretto collaboratore Donato Casella.
Tra le tappe del nostro itinerario oltre alle chiese, anche la latteria di Madonna del Zucco, piccolo museo dell’arte casearia, una passeggiata tra i mille sentieri che attraversano, in un continuo e dolce saliscendi, le antiche borgate, e una fermata, o una partenza che ci auguriamo prossima, alla stazione ferroviaria di Castelnovo del Friuli.
ITINERARI E SOSTE A CASTELNOVO
Le buone pratiche della coltivazione e della cura del paesaggio si avvalgono di manifestazioni come Il Gno Ort, un’esposizione estiva annuale di prodotti agricoli, correlata a degustazioni e a visite che da qualche anno va mostrando il meglio della produzione locale, grazie all’impegno dell’associazione Le Rivindicule, che prende il nome dalle intrepide donne che da Castelnovo, a piedi o in bicicletta, partivano per vendere il prodotto dei loro orti e anche le loro sementi in tutto il Friuli. Oggi l’associazione si fa custode della biodiversità a Castelnovo, e incentiva la coltivazione delle varietà autoctone, quali ad esempio la cipolla della val Cosa, presidio slow food, e le buone pratiche dell’orto biologico. (cipollarosadellavalcosa.it)
La fitta rete di sentieri è anche percorsa da anelli ideali per la pratica della mountain bike grazie alla peculiare orografia di questo territorio, oltre che per passeggiate e nordic walking, e associazioni sportive se ne prendono cura in prima persona promuovendone una salutare fruizione come MTB Zeroasfalto.
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA MTB ZERO ASFALTO
ZERO ASFALTO – MTB-MAG.com | Itinerari
Tra i sentieri che raggiungono le antiche borgate, segnaliamo, sulle pendici del monte Ciaurlec, a circa 350 metri di altezza, in un paesaggio segnato da terrazzamenti e sentieri in acciottolato, Praforte con le sue antiche case di sasso e i ballatoi in legno, e la sua chiesa di San Vincenzo ad aula unica, con campaniletto a vela in facciata con due campane fuse nel 1905 dalla fonderia De Poli di Udine. In questo borgo il tempo si è fermato alla metà degli anni sessanta, quando venne evacuato con la motivazione di una frana incombente, e le sue famiglie trasferite a Praforte nuovo, in case appositamente costruite con i fondi regionali a Paludea, poco lontano dal Municipio: contemporaneamente il Ciaurlec venne trasformato in poligono militare e le case di Praforte risultarono a rischio di cannoneggiamento.
Ora il Ciarlec è stato restituito al comune di Castelnovo del Friuli, e a Praforte si può arrivare grazie ai sentieri nuovamente liberati dalla vegetazione, così come è anche possibile raggiungere il borgo Davor la mont (toponimo che sta per «dietro il monte, o zona di pascolo montano») attraverso il sentiero dedicato a Virginia Tonelli, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, torturata e bruciata a Trieste nella risiera di San Sabba il 29 settembre 1944, che qui nacque il 13 novembre 1903. La tragica vita di Virginia riassume le condizioni difficili di queste popolazioni nel primo dopoguerra, essendo rimasta orfana di padre e a soli undici anni costretta a lavorare e ad emigrare: per una protesta da lei organizzata tra le donne di Castelnovo che reclamavano il pane, venne reclusa in prigione, maturando ben presto una chiara coscienza politica e militando sotto il nome di Luisa, dal 1930, nella Divisione Garibaldi dove svolse attività di collegamento tra le brigate partigiane fino alla cattura e alla scelta, che le costò la vita, di non tradire i suoi compagni.
PROSSIMA FERMATA DEL TRENO: CASTELNOVO DEL FRIULI!
Oltre alla linea ferroviaria Casarsa- Gemona inaugurata nel 1893, che da Spilimbergo saliva verso Valeriano e Pinzano, Castelnovo poteva disporre fino al 2012 lungo il tratto pedemontano che collega Gemona a Sacile, di una propria fermata tra Pinzano e Travesio. La piccola stazione, distrutta dal terremoto del 1976, è stata anche lo sfondo per tante fotografie che raccontano la storia di molte e troppe partenze di questa comunità fortemente decimata dall’emigrazione. Il recente ripristino della linea ferroviaria che collega Sacile a Maniago e quello in atto per la continuazione in direzione Gemona, al fine di completare il ripristino dell’intera tratta Gemona- Sacile, permetterà un piacevole viaggio tra colline, torrenti e acque, ai piedi delle Prealpi, molto variegato e pittoresco per la diversità dei panorami, fornendo oltre che un servizio essenziale ai residenti per l’ordinario trasporto di persone e merci, un’opportunità anche per i potenziali villeggianti, ai fini della valorizzazione e promozione culturale dell’intero territorio. Quindi prossima fermata a gentile richiesta: Castelnovo del Friuli!
FOTOGRAFIE