L’Altare di Valeriano

Giovanni di Domenico da Tolmezzo, Altare di Valeriano, 1509 c.

Madonna col Bambino in trono e Santi. Compianto sul Cristo morto, Adorazione della Trinità.
Scultura lignea policroma e dorata, 383x202x41
Pordenone, Museo Civico d’Arte, inv. 290

L’ancona lignea intagliata, dorata e dipinta da Giovanni Mioni, figlio di Domenico da Tolmezzo, per la Confraternità dei Battuti di Valeriano, era originariamente collocata nell’Oratorio di Santa Maria dei Battuti a Valeriano, da dove venne rimossa nel 1955 e venduta al Museo di Pordenone, insieme a un Crocefisso ligneo, scolpito dipinto e dorato, di preziosa fattura tardoquattrocentesca.

Articolata entro una ricca cornice architettonica in due scomparti con predella, l’ancona nella parte superiore presenta al centro la Madonna col Bambino in trono tra i Santi Giovanni Battista, Stefano, Lorenzo e Valeriano, sculture a tutto tondo disposte una accanto all’altra contro un fondo oro, mentre nel comparto inferiore, superando la tradizionale disposizione paratattica, il Compianto sul Cristo morto mette in scena nello spazio aperto di un‘ ampio paesaggio collinoso, costellato di città murate, una sorta di Gerusalemme di ambientazione pedemontana, un gruppo di figure fra loro interagenti, animate da un’intensa e partecipe espressività. Sotto la croce dipinta, ai lati della quale in altorilievo due angeli reggono il turibolo, la Madonna accoglie in grembo il Cristo morto, accanto alla Maddalena inginocchiata ai piedi del Cristo il cui capo è sorretto da San Giovanni, mentre le tre Marie in piedi assistono dolenti al Compianto tra Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea che chiudono ai lati la scena.

Nella predella la Trinità al centro è fiancheggiata da gruppi di oranti, da una parte i membri della Confraternita, incappucciati, e dall’altra, come si evidenzia nello stemma dello scaglione in bianco e nero che orna le calze degli adoranti, dai componenti, maschi e femmine, della famiglia Savorgnan, giurisdicenti del luogo e di certo anche devoti committenti della monumentale impresa decorativa, come nuovamente sottolineato dalla presenza del loro stemma alla base del trono.

Completavano la pala due portelle con l’Annunciazione (1684) di scuola veneta, di concitato dinamismo e ricco gioco chiaroscurale, ora conservate anch’esse tra le collezioni pordenonesi.

La scomparsa della rigida suddivisione interna in nicchie e paraste delle figure e la nuova unità di spazio e luogo che caratterizza il gruppo del Compianto, nonchè la ricerca fisionomica individuale, collocano l’opera in un clima già pienamente rinascimentale, ribadito dal ricco apparato ornamentale di ascendenza classica della cornice che sfoggia motivi decorativi a candelabra lungo i pilastri e girali lungo le trabeazioni, tra due sfingi di profilo. Un importante fastigio corona lo scenografico apparato plastico-pittorico, che si presenta come una vera e propria macchina d’altare rutilante d‘oro e ricca di policromie, ancora leggibili nei manti rosso carminio delle figure.

Nell’opera si possono individuare due diversi registri stilistici, nella parte alta più legati alla tradizione propria della bottega di Domenico da Tolmezzo, per la fissità delle pose e dei volti, nonchè per la disposizione frontale contro l’indistinta spazialità del fondo oro, mentre una più sciolta articolazione delle figure del registro inferiore, unitamente alla ricerca fisionomica e all’esternazione del pathos evidenzia, nell’opera di Giovanni, evolutasi all’interno della bottega paterna, l’aggiornamento alle nuove tendenze della plastica rinascimentale. Si tratta peraltro di una tendenza già espressa nello spazio misurabile e negli archi a tutto sesto della pala di Santa Lucia (Udine, Civici Musei) dallo stesso Domenico da Tolmezzo (1479) nonchè nella tipologia classicheggiante degli apparati decorativi, che rivela l’adesione alla maniera lombardesca, in linea con la scultura lapidea coeva del Pilacorte o con analoghi esempi di statuaria lignea di Bartolomeo dell’Occhio e Giovanni Martini.

L’opera venne particolarmente apprezzata dalla comunità di Valeriano al punto che nel 1517 Giovanni di Domenico da Tolmezzo ebbe un altro incarico per una pala d’altare dipinta e dorata da collocare all’interno della pieve di Santo Stefano di Valeriano, che sorge di fronte all’Oratorio stesso, pala di cui tuttavia si sono perse le tracce.

Crocefisso, fine sec. XV
Legno scolpito, dipinto e dorato, cm. 140x137x23
Proveniente tramite acquisto nel 1955 dall’Oratorio dei Battuti a Valeriano, insieme all’altare di Giovanni di Domenico, il Crocefisso non trova confronti con la coeva scultura lignea friulana rimandando nel modellato naturalistico classicheggiante, nell’espressione non sofferente del viso, nell‘anatomia allungata ed elegante della figura a colti modelli toscani di matrice tardo-quattrocentesca.

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