Carlo da Carona affiancò e quindi continuò la produzione lapidea di Pilacorte segnalandosi per una forte strutturazione architettonica delle sue figurazioni, ampie e statiche, con un più accentuata e sintetica plasticità, e pesantezza del volume. Le sue fisionomie sono caratterizzate da occhi a mandorla privi di pupille, allungati, labbra delineate visi larghi, e dell’interazione tra le figure stesse: anche lui, la cui nascita si fa risalire al 1485 circa, risulta dalla residenza vagante, è documentato con fonti battesimali e portali, altari e sculture tra il 1508 e il 1545, a San Daniele e a Udine, Travesio, Gradisca d’Isonzo, ma molto operoso e attivo sia al di qua che al di là del Tagliamento.
A lui è attribuito il portale della Chiesa di Santo Stefano a Valeriano (1508), contrassegnato da coppie di testine di angeli affiancati dallo stemma dei Savorgnan nei capitelli e di leoncini di sintetica fattura ai due lati dell’ingresso. A Barbeano, nella stessa Chiesa dove venti anni prima Gianfrancesco aveva decorato le pareti di Sant’Antonio Abate, Carlo da Carona nel 1512 venne chiamato a decorare il portale, con Padre Eterno, nell’architrave Sant’Antonio abate e Santa Maria Maddalena, titolare della parrocchiale da cui la chiesa dipendeva, negli stipiti, e quattro testine alate nel basamento, a Spilimbergo un Madonna col Bambino su una facciata (1513), e a Versutta la statua di Sant’Antonio abate ora nicchiata in un’edicola, sulla facciata della Chiesa omonima.
Carlo da Carona è documentato da una pila dell’acqua santa, articolata nel gioco di forme concavo-convesse e da un fitto ricamo di decorazioni a racemi che percorrono la superficie, in qualche modo riprendendo caratteristiche da Bernardino da Bissone. percorsa da un fitta decorazione floreale di robusta struttura nel Duomo di Tolmezzo (1516)
Carona firma e data nel 1524 un rilievo con un altarolo a trittico le cui nicchie, percorse da una fitta decorazione a candelabre e teste di angeli, ospitano i Santi Giovanni Battista tra San Sebastiano e San Rocco, già altare della Chiesa di San Giovanni Battista a Magredo di Tramonti di Sotto, venduto a fine Ottocento e ricomparso tra le collezioni di Casa Bagatti Valsecchi a Milano, sede del Fai, dove per sua fortuna, purtroppo non condivisa con molti altre opere sue pari, ora è esposto al pubblico.
Assegnabili al suo scalpello per via dei lineamenti marcati e l’essenzialità del modellato, anche i quattro angeli candelofori che ornano le balaustre delimitanti il presbiterio nella pieve di Tramonti di Sotto.
Altre sue opere si trovano a Coseano, un fonte battesimale sorretto da putti, e a Lavariano un altare in pietra (1527), originariamente dipinta, a due ordini di figure con la Madonna col Bambino al centro, e il Cristo passo nel coronamento, sormontato dall’Eterno Padre e dall’Annunciazione, dove si evidenzia la derivazione dal modello dell’altare del Pilacorte per la pieve di San Martino d’Asio; un analogo altare lapideo, a due ordini di figure, con al centro il gruppo della Carità di San Martino (1530) si conserva inoltre nella Pieve di San Martino a Rive di Arcano.
Nella Chiesetta di San Giovanni in località Sottoselva si conserva un altarolo in pietra (1536) con figure in bassorilievo di Madonna con bambino nella lunetta e di S. Giovanni Battista con il donatore Donato Tiritello nella pala, ed anche in questo caso le parti figurate sono dipinte, per fare fronte alla concorrenza di intagliatori lignei come Martini o Tironi, e ai loro rutilanti altari dorati e colorati, una prassi dunque non infrequente nelle opere di Carlo da Carona.
Altre sue opere sono documentate a Fiumicello, un Compianto nella Chiesa di San Lorenzo (1547), ma anche a Udine, dove una Madonna col bambino si conserva in Duomo e un’altra, circondata da sette cherubini, è murata sulla facciata tardo cinquecentesca di palazzo Mantica, dove vi venne collocata presumibilmente nel XVIII sec: si tratta di un elemento quadrato all’interno del quale ad altorilievo è scolpita una cornice circolare a motivi vegetali; o a San Daniele in Castello, fino a Illegio nella Pieve di San Floriano.
Nel Duomo di Sant’Alberto di Cormons si conserva un Altarolo in pietra bianca assegnabile allo scultore lombardo Carlo da Carona. Si compone di una cornice adorna di putti alati entro cui è inserita una custodia per oli sacri sormontata da una conchiglia raffigurante la Pietà con Cristo, la Madonna e San Giovanni. La realizzazione di questo altarolo è collocabile fra il 1530 ed il 1540, e proviene dalla precedente chiesa parrocchiale.
Molto di questa produzione scultorea di mano del Pilacorte e della sua ampia e fertile bottega, è andata dispersa, trafugata o rovinata: è di certo singolare il recente ritrovamento di una trittico già scolpito nel 1524 da Carlo per la Chiesa di San Giovanni Battista di Magredo, in località Tramonti di sotto, murato nel cortile di Casa Bagatti Valsecchi a Milano, in via Santo Spirito, oggi sede del FAI, mentre una scultura parte di un gruppo con la Pietà si conserva presso il Museo civico di Pordenone, e proviene dalla porta maggiore della Chiesa di Salcano, oggi in Slovenia, da dove fu asportata dopo la prima guerra mondiale e dove oggi è sostituita da un calco.
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