La presenza di una chiesa dedicata a San Nicolò a ridosso del castello è documentata già nel 1353, e nel corso dei secoli successivi venne arricchita di altari, opere d’arte e suppellettile sacra. Nel 1542 il lapicida Francesco da Meduno ne realizzò il portale in pietra, quindi tra il 1720 e il 1722 venne dedicato a San Gottardo un nuovo altare con una pala dipinta da Valentino Belgrado, decoratore attivo tra fine Sei e primi Settecento in particolare a Lestans, e nel 1766 vene eretto un imponente altar maggiore in pietra con tabernacolo, opera di Silvestro Comiz di Pinzano.
Resasi autonoma dalla pieve di Travesio il 9 agosto del 1870, venne costruito un nuovo e imponente edificio utilizzando in gran parte materiali di recupero dal castello e dalle sue mura, per opera dell’impresa del gemonese Girolamo D’Aronco (1883-1895), padre del celebre architetto Raimondo. Di proporzioni monumentali, la chiesa fu edificata su modello della parrocchiale di Rauscedo realizzata dall’architetto Francesco Lazzari (1791- 1871) docente all’Accademia di Venezia, dove fu allievo del Selva, il cui nome è legato alla diffusione tra Veneto e Friuli dello stile neoclassico palladiano, nonché noto come autore della facciata -non finita- del Duomo di Pordenone.
Concepita con un impianto di gusto classicista, la chiesa è a navata unica scandita da tre cappelle per lato, quattro altari oltre all’altar maggiore, e abside semicircolare. Dell’antico assetto del preesistente edificio restano memorie documentarie che attestano la presenza di importante altare ad opera di Donato Casella, cognato e stretto collaboratore del Pilacorte, datato al 1548. La determinante presenza nel territorio di Castelnovo di scultori e lapicidi della bottega del Pilacorte, testimoniata anche da una scultura in pietra già nella chiesa di Collemonaco e ora a Paludea, si concentra dunque sulle due statue lapidee raffiguranti San Nicolò scolpite da Donato Casella nel 1548, e dal figlio Alvise Casella tra il 1553 e il 1561, rispettivamente genero e nipote di Giovanni Antonio da Carona detto il Pilacorte: si tratta di opere che ornavano ancone concepite come strutture architettoniche a edicola, per analogia con altri esempi rimasti della produzione nota, poi andate distrutte dalle varie fasi di ristrutturazione della chiesa di san Nicolò.
Composta e massiva, la statua di San Nicolò scolpita da Donato Casella ora è collocata in una cappella lungo l’ala sinistra della Chiesa, mentre l’altra opera, di mano del figlio Alvise, caratterizzata da un maggiore dinamismo ed enfasi espressiva, con il santo reggente il libro con le tre palle d’oro, privo del pastorale, è conservata al Museo Diocesano d’Arte sacra di Pordenone. Alla base nel piedistallo e sul fermaglio della veste del santo compare lo stemma dei Savorgnan, che contrassegna ad esempio anche il portale di Valeriano scolpito da Pilacorte, così come l’altare ligneo di Domenico da Tolmezzo già a Valeriano, e che ritroviamo nuovamente sull’altare del Pilacorte per la Pieve di Vito d’Asio, indice dell’importante azione di committenza artistica della famiglia giurisdicente in loco.
Stando sempre alla Guida di Bearzi (1872) Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone, avrebbe realizzato una Via Crucis che ornava proprio la scalinata alla Chiesa Parrocchiale, opera rovinata dall’incuria, ma ad oggi però nessun altro dato storico è in grado di confermare questa testimonianza, anche se l’artista fu attivo in più riprese nei territori limitrofi.
La chiesa ha subito gravi danni dal terremoto del 1976 e degli antichi altari sono sopravvissute due statue lignee di fattura settecentesca con San Nicolò e San Gottardo, ora collocate ai lati dell’altare maggiore, la cui alzata è stata ricomposta riutilizzando frammenti lapidei, decorati a motivi fitomorfi, scolpiti da Luigi Minisini (San Daniele del Friuli, 1816-Ronchi, Treviso, 1901) già parte del suo intervento all’interno del Santuario di Madonna di Rosa, bombardato durante l’ultima guerra.
Oggetto di restauro è stata anche la copertura lignea del Battistero, realizzata da un intagliatore friulano (XVIII sec.), con la statua del San Giovanni Battista al culmine. La chiesa conserva inoltre una piccola quadreria, oggetto di un recupero conservativo dopo il terremoto del 1976, con dipinti raffiguranti l’Eterno Padre coi Santi Giuseppe e Osvaldo (sec. XVII), una Madonna col Bambino tra i Santi Liberale, Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele (XIX sec.) e S. Antonio da Padova con il Bambino e Santi. Conserva inoltre, proveniente dalla chiesa di S. Carlo, una pala secentesca con la Madonna col Bambino tra i Santi Carlo, Francesco e una Santa.
Il campanile che consiste nel ripristino dell’antico mastio del castello, adattato intorno al 1881-1887, come documentano due disegni del conte Ronchi (Costruzione della parrocchiale di Castelnovo e adattamento a campanile del mastio del castello 1887, Udine Biblioteca comunale, Misc. Degani XIX, 13), venne dotato, nel 1850 di due campane fuse presso De Poli a Ceneda, cui si aggiunse, a completare il concerto, la terza campana fusa a Udine nel 1924, quindi nuovamente fuse nel 1962 a causa di non buone condizioni conservative.
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