Itinerari e soste tra la Val d’Arzino e la Val Cosa

LESTANS, VILLA SAVORGNAN, piazza I maggio.

Con la conquista veneziana del feudo imperiale di Castelnovo, la famiglia Savorgnan estese i suoi domini sul territorio e scelse Lestans per costruirvi nei primi decenni del Cinquecento una residenza di campagna, con funzioni di rappresentanza. La villa venne ampliata nel 1727, data murata nel cortile posteriore, ed assunse l’attuale assetto secondo la tipologia tipica della villa con portico passante e salone al piano nobile. La facciata prospicente la piazza è contrassegnata da un portale sormontato da una trifora con poggiolo sorretto da quattro mensoloni, e termina con un timpano con al centro un rosone stellato a traforo per la ventilazione, il tutto con sapiente uso di pietre di cava locali. Restaurata dopo il terremoto del 1976, e acquisita dal comune, Villa Savorgnan ora è sede di incontri, concerti e mostre, e soprattutto di collezioni archeologiche ed etnografiche e di alcuni affreschi devozionali sei-settecenteschi staccati dalle facciate di alcune abitazioni dopo i terremoto del 1976.

All’ultimo piano è allestita una raccolta di tipo spontaneo e a carattere etnografico, con la ricostruzione di ambienti e attività legate alla tradizione artigiana locale, mentre al piano terra è aperta al pubblico la collezione archeologica, risultante da campagne di scavo condotte in loco dalla Soprintendenza, con testimoninanze che spaziano dalla preistoria e protostoria, e soprattutto di epoca romana, cui si aggiungono importanti reperti medioevali e testimonianze materiali risalenti al primo Cinquecento, attestando una zona abitata dal Paleolitico Medio
Una placchetta bronzea, di epoca carolingia, raffigurante i Re Magi, è stata recuperata presso San Zenone, a Lestans, insieme a una piccola croce con il Crocefisso, placchette ora conservate presso il Museo di Cividale e qui esposte in copia. Per approfondimenti: (www.archeo2000.it)

PINZANO, CASTELLO

Percorrendo le vie di Pinzano, uno sguardo non superficiale coglierà le tracce dell’antica arte degli scalpellini qui particolarmente radicata, che diede vita a importanti botteghe famigliari di altaristi e scultori quali i Sabbadini e i Comiz o Comici, attivi tra Sette e Ottocento. Basta guardare gli stipiti e le chiavi di volta dei portali superstiti ai gravi danni subiti a causa del terremoto del 1976, come quelli dei palazzi Scatton Tamai, di fondazione secentesca, di Palazzo Rizzolati ora sede municipale, o palazzo Pinni con i suoi muri rustici in pietra a vista, che si affacciano lungo la via principale che attraversa il paese, o la vera da pozzo con un braccio scolpito, forse misura metrica o simbolo famigliare, collocata proprio all’inizio della salita al Castello.

Dal piazzale, camminando lungo la pedrade dai caratteristici edifici costruiti in sasso con corpi sporgenti oggi adibiti a fogolâr e forse in antico anche con funzioni difensive, si sale verso la sommità del colle del Castello di Pinzano, simbolo e testimone della storia millenaria di questa comunità.Sorto alla sommità di un colle su un insediamento romano databile, in base ai reperti di scavo, tra il I secolo a. C e il I sec. d. C., il Castello risulta abitato già dal XII sec. dai “signori di Pinzano”, vassalli del patriarca Volrico II, e si collega alla linea di difesa delle principali vie di transito ai piedi delle Alpi costellata da altre postazioni fortificate a controllare la valle del Tagliamento a difesa del guado nella stretta di Pinzano, lungo la strada romana detta via Germanica o più tardi, in epoca medioevale, di Allemagna, che da Concordia Sagittaria si collegava alla via consolare Julia Augusta nei pressi di Gemona. Il Castello venne edificato proprio di fronte al preesistente Castello di Ragogna, citato da Venanzio Fortunato nella sua Vita Santi Martini, dal quale Pinzano inizialmente dipende: proprietà nel Duecento del Duca Enrico III di Carinzia, nel 1390 Giovanni di Ragogna cedette il castello al Patriarca Giovanni di Moravia in cambio di quello di Torre di Pordenone, e Venezia lo diede in feudo nel 1503 ai conti di Porcia fino al 1952, quando Irene da Porcia lo donò in lascito al Comune di Ragogna.

Il Castello di Pinzano invece, dopo che il Patriarca Bertrando lo fece espugnare nel 1344 per porre fine a una sanguinosa faida famigliare scatenatasi tra i cinque rami dei signori di Pinzano, divenne appannaggio della famiglia del ramo Savorgnan “dello scaglione” fino alla caduta della Repubblica veneta, quindi nel 1809 fu venduto dall’ultimo discendente, Antonio Savorgnan, passando in mani di privati e iniziando una lunga decadenza. Con prerogative militari fino all’ultima incursione dei Turchi (1499) la sua posizione strategica di controllo si coniugò con quella della riscossione di dazi e gabelle in particolare per la fluitazione del legname, e vi si esercitarono gli uffici di cancelleria, il tribunale, e fu anche adibito a carcere. Acquisito dal Comune di Pinzano e oggetto di più interventi parziali di restauro, il suo perimetro rivela una rocca, torri e bastioni corrispondenti a tre cinte murarie e testimonia l’importanza strategica di questo luogo da cui si gode una eccezionale vista panoramica che spazia sul Tagliamento.

Causa il terremoto del 1976 gran parte delle strutture che risultavano in elevato sono crollate, ma l’impianto castellano più antico, risalente al XII sec., è ancora visibile con i suoi muri in blocchetti di pietra disposti in corsi regolari sulla sommità dell’altura, nucleo attorno al quale si andò definendo l’insediamento comprendente la torre-mastio e la dimora feudale. Attorno alla rocca, oltre alla costruzione della Chiesa di San Nicolò, descritta già dal 1291 come prossima al Castello e al borgo che si era sviluppato lungo le pendici occidentali del colle, vennero costruite nuove mura difensive a racchiudere il borgo stesso e una nuova porta d’accesso, a torre: la via tutt’oggi praticabile per la sua visita corre lungo il lato occidentale del colle portando attraverso una rampa di accesso alla cerchia più interna delle mura. L’ultima fase costruttiva vide l’edificazione nel primo settecento di un vero e proprio palazzo in funzione di dimora di prestigio con attigua cappella privata, l’oratorio di Santa Colomba, presso il lato sud occidentale.

PINZANO, SOMMITA DEL CASTELLO. PANORAMICA

Punto privilegiato di vedetta e controllo del territorio, dalla sommità del Castello la vista spazia lungo il re dei fiumi alpini, il Tagliamento, che si presenta nella sua forma a canali intrecciati tipica dei fiumi allo stato primitivo, essendo l’unico grande fiume alpino in Europa che mantiene le sue caratteristiche di bacino naturale, ricco di biodiversità. Scendendo dal Passo della Mauria, le sue acque scavano un varco tra le pendici meridionali delle Prealpi carniche e il Monte di Ragogna, affacciandosi sulla pianura attraverso la stretta di Pinzano, per poi piegare verso Spilimbergo. Il suo letto passa in soli tre chilometri di percorso dai 1500 metri di larghezza di Cornino ai 150 della stretta di Pinzano, da sempre passaggio privilegiato da una sponda all’altra del fiume, prima attraverso un traghetto poi dotato di un ponte ad archi di particolare impegno costruttivo. Tra i principali nel suo genere a livello europeo, il primo ponte di Pinzano venne inaugurato nel 1906: fatto saltare con la ritirata di Caporetto nel 1917, riparato e nuovamente danneggiato con la piena del 1966, nel 1970 su progetto dell’ingegnere Silvano Zorzi è stato costruito su un’unica spettacolare arcata di 163 metri.

PINZANO, PERCORSI DELLA GRANDE GUERRA: IL MEMORIALE GERMANICO

Poco fuori dal paese, verso il ponte sul Tagliamento, sul Col Piòn venne eretto a partire dal 1938, per volontà del Volsksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge, un Memoriale destinato a ospitare i caduti tedeschi e austriaci della Grande Guerra, nel contesto di una serie di analoghi monumenti di forte impatto simbolico e commemorativo progettati dall’architetto Robert Tischler, tra cui Quero, Feltre, Pordoi, Merano, Tolmino. Pensato in stretta relazione con l’ambiente, a dominare il paesaggio circostante con il suo volume a fortilizio o “Castello dei morti”, il Memoriale si articola in una sequenza concatenata di ambienti aperti, a partire da un’arena con ingresso a nord, sottoposta nel 2016 da un intervento di manutenzione e di recupero dei perimetri originali, cui segue uno spazio rettangolare destinato a ospitare l’ossario, e un’area delimitata da quattro pilastri angolari reggenti cornicioni, che a sua volta immette in un vano chiuso terminante con una terrazza semicircolare affacciata sulla valle del Tagliamento. Incompiuto, non ha mai ospitato alcun caduto e venne quindi utilizzato per scopi militari: in attesa che ne venga ultimato il recupero conservativo, dal Memoriale si dipartono i percorsi tematici dedicati alla Grande Guerra legati in particolare alla ritirata di Caporetto (1917) e al brillamento del ponte sulla stretta di Pinzano, dirigendosi verso il Castello e il Col Colàt, sedi di postazioni di artiglieria costruite a difesa del passaggio sul Tagliamento nel 1911.

PINZANO, IL PAESE DI ENRICO PERESSUTTI

Pinzano al Tagliamento è terra di costruttori, capomastri, artigiani, scalpellini come del resto buona parte del Friuli, molti dei quali emigrati all’estero con il solo bagaglio del loro mestiere ma anche spinti dal desiderio di imparare: qui il 28 agosto del 1908 è nato uno dei protagonisti dell’architettura italiana del Novecento, Enrico Peressutti. Trasferitosi giovanissimo con la famiglia a Craiova, in Romania, dove il padre lavorava come progettista e impresario, viene mandato a studiare al Politecnico di Milano dove nel 1932 si laurea e fonda il gruppo BBPR, dalle iniziali dei soci, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Gian Luigi Banfi ed Ernesto Nathan Rogers, accomunati dalla vocazione modernista per l’architettura, dalla tragedia della guerra che li vide attivi nella Resistenza e dall’impegno nella ricostruzione di tante città italiane. Con un linguaggio di respiro europeo i BBPR hanno firmato innovativi progetti di urbanistica, di edilizia e di design, concepiti come volumi semplici, funzionali, nati dalla conoscenza e attenzione per il luogo, per la storia e soprattutto rispondenti alle esigenze di un’architettura “a misura umana”.

Tra le opere più note dei BBPR i molteplici allestimenti per la Triennale di Milano, il restauro e il riallestimento dei Musei del Castello Sforzesco di Milano (1956), il padiglione del Canada alla Biennale di Venezia, la Torre Velasca di Milano (1958), il Museo al deportato a Carpi (1973). Accanto alla passione e alla pratica della fotografia e alla costante collaborazione con gli artisti del suo tempo, Peressutti ha svolto anche un’intensa attività di teorico e docente, insegnando nelle Università di Venezia, a Londra, e in particolare negli Stati Uniti, al MIT di Boston, a Princeton, Yale, etc.. Scomparso nel 1976, l’architetto è sepolto a Pinzano in una tomba disegnata da Belgiojoso e da Fausto Melotti. La sua personalità poliedrica, ma anche la sua colta umanità, viene ricordata con affetto e come esempio per l’intera comunità di una vocazione a cercare l’eccellenza e a cogliere il nuovo: a lui è dedicata la Biblioteca Comunale di Pinzano al Tagliamento, pensata quale centro di documentazione e anche luogo espositivo per valorizzarne l’opera e per divulgare esempi di buona architettura, di design e arti visive, arricchita nel 2015 del fondo bibliografico di Peressutti donato dalla figlia. Il fondo è composto da 113 pubblicazioni, alcune delle quali molto rare, oggi catalogate e disponibili alla consultazione:si tratta di edizioni che testimoniano la formazione culturale e gli interessi artistici e architettonici di Peressutti, che ha anche svolto un’intensa attività di teorico e di docente, insegnando nelle Università di Venezia, Londra, al MIT di Boston, a Yale etc. Si spazia dai classici antichi, da rare edizioni di Palladio a Vignola, a monografie dedicate ai protagonisti del movimento moderno, ai manuali d’ingegneria, alle riviste cui lo stesso Peressutti collaborò, come “Quadrante” edita a Milano dal 1933 al 1935, e qui documentata nella sua completezza.

INFO E CONTATTI: Biblioteca Comunale “Enrico Peressutti”
Indirizzo: Via Tagliamento – 33094 – Pinzano al Tagliamento – PN.
Telefono: 0432 950046

PINZANO SOTTO L’OCCHIO DEL FOTOGRAFO: BRUNO MARCUZZI

Classe 1922, figlio di una fotografo di Ragogna che lo avvia giovanissimo al mestiere, Bruno Marcuzzi si forma nel vivace ambiente milanese dei primi anni Cinquanta, militando nel fotogiornalismo, affinando le sue tecniche e dedicandosi anche come fotografo di scena al cinema. Nel 1954 va a cercare fortuna in Venezuela, scoprendo la realtà dell’emigrazione, i contrasti sociali, usando gli strumenti del neorealismo per ritrarre la vita contemporanea per le strade, ma anche lasciandosi affascinare dalla magia di paesaggi sconfinati e da una natura incontaminata. Qui apre uno studio, e tra un ritratto e l’altro, si dedica anche alla ricerca artistica, non rinunciando alla sperimentazione su forme astratte e sulla luce: presente in varie mostre internazionali anche con foto di architettura, la sua fama cresce e dal bianco e nero passa alla fotografia a colori, innovando continuamente tecniche e modalità di ripresa.
Bruno Marcuzzi ha fissato in memorabili scatti anche il paesaggio friulano, tornando in occasione del terremoto del 1976 per documentare il disastro dei paesi distrutti e la vita dei suoi compaesani nelle tende: rientrato definitivamente in patria, oggi Marcuzzi è cittadino di Pinzano al Tagliamento, dove vive in mezzo a tanti ricordi e opere nella sua casa alle pendici del Castello: qui oltre a varie mostre tra Ragogna e Spilimbergo ha anche pubblicato nel 2003 una monografia intitolata “Dal neorealismo allo sperimentalismo” con un’ampia selezione di sue foto in bianco e nero e a colori, e soprattutto si è dedicato alla scrittura, a partire dai suoi racconti di vita partigiana “Memorie e racconti di guerra e di pace” pubblicati nel 2005 e dedicati ai suoi nipoti, collaborando con varie riviste locali. (brunomarcuzzi.blogspot.com)

TRAVESIO: LUNGO LA VAL COSA

Travesio si affaccia sul torrente Cosa, alle pendici del monte Ciaurlec, e l’origine latina del suo nome, ovvero intra vias che significa “tra le strade”, si spiega in quanto snodo viario e commerciale tra l’imbocco della via che scende dalla montagna verso la pianura, e la strada romana pedemontana che da Sacile conduceva a Gemona, passando per Valeriano dove incontrava la via proveniente da Iulia Concordia diretta al guado sul Tagliamento di Pinzano, per congiungersi sopra Osoppo alla Iulia Augusta. Tra le frazioni di Travesio è Toppo, borgo storico ricco di edifici sei-settecenteschi, dalla ben connotata tipologia, dominato dall’alto da un castello ( www.castelloditoppo.eu) visibile e raggiungibile dalla statale che collega Travesio a Meduno: si tratta di una delle principali postazioni del sistema difensivo e dell’organizzazione feudale dell’area pedemontana del Friuli Occidentale, che, utilizzato fino al XV secolo, demolito in parte a favore di un nuovo palazzetto costruito più a valle, meglio conserva un assetto fedele all’impianto medievale, non avendo subito trasformazioni nei secoli successivi.

Alla fine dell’Ottocento i ruderi del castello furono ceduti in lascito dalla famiglia Toppo-Wasserman al Comune di Travesio e alla Provincia di Udine. Un primo intervento di restauro condotto dopo il terremoto del 1976 dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici del Friuli Venezia Giulia, e ulteriori consolidamenti e recuperi, hanno permesso la ricostruzione del perimetro originale e di parte delle sue fortificazioni, facilitandone con passatoie l’accesso ai visitatori.

Quanto al nuovo palazzetto (Toppo, via Giuseppe Verdi, 98, visitabile su prenotazione con i seguenti orari: dalle 08:30 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 19:00, telefono/fax 042790073 e-mail arcometa@libero.it) venne riformato nel Settecento secondo la tipologia delle villa di campagna, con brolo annesso: di dimensioni domestiche, si caratterizza per il portego e il salone al primo piano. Sul portale di impianto rinascimentale che immette al giardino prospicente la villa è incisa la data del 1543 (e anche la suggestiva scritta in latino che tradotta significa “Vengo aperto perchè escano i cattivi. Vengo chiuso perchè restino i buoni”). Sopra il portale l’arma della famiglia, finemente scolpita in pietra, e a fianco l’Oratorio di San Gerolamo (XVII sec.) originariamente decorato da dipinti sei-settecenteschi di tema biblico e di scuola veneta.

Scendendo a valle e seguendo il corso del torrente Cosa, in località Molevana, tra i luoghi più suggestivi per ammirarne le limpide acque che hanno scavato pittoresche e profonde forre,- tra cui quelle celebri di Pradis, più a monte- è l’antico ponte in pietra detto anche il “Puntic”.

TRAVESIO, CHIESA DELLA BEATA VERGINE “DEL COSA”, BORGATA ZANCAN

Collocata proprio lungo la riva destra del Cosa, la chiesa era considerata comparrocchiale e vi si celebravano tutte le festività legate al culto mariano: la Madonna del latte una Madonna a mezzo busto che allatta il Bambino nella lunetta, domina il portale scolpito e firmato da Pilacorte nel 1505 sullo stipite sinistro con la sua caratteristica sigla a triangolo, accanto alla quale compare il nome del committente, ovvero il pievano Nicolò, lo stesso che a fine Quattrocento aveva già chiamato Pilacorte ad arricchire con la sua scultura la pieve di San Pietro apostolo a Travesio. Sull’architrave si legge «GRATI MATRI MARIE» e nel cerchio che racchiude la lunetta: «V. VISITATE NATE ET ANNUNCIATE». Una ritmica sequenza di testine di cherubini scandisce lungo la strombatura degli stipiti e dell’architrave il portale della chiesa, ognuna caratterizzata da una propria espressione e fisionomia, e alcune, collocate ai lati dell’architrave, si sdoppiano, mettendo in atto una delle singolari invenzioni iconografiche del Pilacorte, quasi ad accompagnare con la loro benedizione e il loro sorriso il passaggio di chi varca la soglia della chiesa. All’interno s conservano due altari lignei secenteschi, intagliati e dorati, assegnati alla bottega d’intaglio gemonese di Gerolamo Comuzzo, e una tela di Innocente Brugno(1618).

TRAVESIO, CHIESA DI SAN TOMMASO APOSTOLO, FRAZIONE DI USAGO

Per la chiesa di San Tommaso Apostolo di Usago, ornata di portali in pietra e di un’acquasantiera di fattura cinquecentesca, Pomponio Amalteo intorno al 1533 dipinse la pala d’altare con l’Incredulità di Tommaso: fulcro della composizione è la figura del Cristo, sopra una pedana e attorniato dagli Apostoli, mentre alla sua destra Tommaso protende la mano per toccargli il costato. Il gruppo è ambientato in uno spazio architettonico analogo a quello che fa da sfondo alla Pala di San Gottardo del Pordenone, come noto maestro dell‘Amalteo, scandito in profondità dai colonnati laterali e dal soffitto a cassettoni con rosette centrali, mentre il gesto oratorio del Cristo echeggia quello della cupola della vicina pieve di Travesio affrescata dal Pordenone, e l’intera composizione, con la soluzione del panneggio dietro la figura centrale del Cristo, similmente alla vivacità cromatica e alla diffusa luminosità, si affianca ad altre pale d’altare di analoga datazione, tra cui la Discesa dello Spirito Santo (1532) dipinta da Amalteo per la chiesa di S. Andrea a Castions (Pn).

FOTOGRAFIE