Donato Casella

(Carona, 1505 c.- Pordenone, 1560)

Donato Casella nacque a Carona sul lago di Como, patria di gran parte degli scultori lombardi attivi tra Veneto e Friuli, intorno al 1505 da uno scultore di nome Bernardino da Chiarone e sicuramente collaborò nella fase matura e in particolare alle imprese pordenonesi con il Pilacorte, di cui sposò la figlia Anna dando alla luce Giacomo e Alvise, anch’essi presto attivi nella bottega famigliare. Lo stesso Pilacorte, rimasto vedovo, venne ad abitare presso la figlia e il genero a Pordenone. Si può meglio identificare la mano di Donato e il suo tratto distintivo nel portale di Santa Maria della Misericordia e nella Madonna col Bambino che lo decora. Non dissimilmente è molto probabile la presenza di Donato nelle imprese che videro Pilacorte impegnato in importanti altari per la chiesa di san Giacomo a Clauzetto (1523), dove Pilacorte si firma peraltro accanto al figlio Alvise Bassini, unico attestato della presenza e dell’attività dunque di un figlio maschio dello scultore, grazie al recente ritrovamento di una frammento dell’altare, ma soprattutto nel monumentale altar maggiore per la pieve d’Asio (1525-1528) per certi caratteri quali la ricerca di dinamismo nelle pose dei santi, che si palesa nell’ultima produzione di Pilacorte accentuandosi nello stile del genero Donato Casella, unitamente a un avvolgente panneggio che rende monumentali e solenni le sue figure, come, ad esempio nella Madonna col Bambino che troneggia sul portale della chiesa di S. Maria degli Angeli di Pordenone o nell’altare oggi conservato nella parrocchiale Madonna di Rosa a Rosa. Di fatto il 26 giugno del 1526 Donato è documentato a Travesio come testimone insieme a Pilacorte tra i testi presenti alla sottoscrizione del contratto con Giovanni Antonio de’ Sacchis detto il Pordenone per gli affreschi della Parrocchiale di San Pietro, ed entrambi in tale occasione vengono definiti come “abitanti a Pordenone”.
La sua opera, in linea con l’esempio del Pilacorte, ne continua la produzione lapidea in forme più ampie, massive e animate nel movimento, come nell’altare in pietra dipinta con le statue della Madonna e dei Santi Urbano e Sabina (1531) della Parrocchiale di Pozzo di San Giorgio della Richinvelda. Suo anche il fonte battesimale della Chiesa di Torre di Pordenone (1532) e di Rorai Grande (1558-1559) con una teoria di putti addossati al fusto dove è stata individuata anche la mano del figlio Alvise. Per la stessa chiesa Donato scolpì anche il portale con la Trinità (1553).
Inoltre si riconoscono i suoi tratti nelle più modeste ancone votive raffiguranti la Madonna col Bambino nella piazza di Tauriano, su una casa a Maniago libero o nella Chiesa di Baseglia, affrescata da Pomponio Amalteo, dove si conserva una Madonna col bambino dalle forme tondeggianti e avvolgenti e dal panneggio percorso da una ritmica di curve concatenate: è probabile che Casella, che aveva già lavorato per i Signori del luogo e amava anche definirsi e firmarsi “di Spilimbergo”, abbia ricevuto dal conte Edoardo di Spilimbergo l’incarico di provvedere all’intera decorazione scultorea della chiesa, ovvero anche al portale, alle originali figure di telamoni del coro, alla balaustra, al fonte battesimale e all’ acquasantiera. Ritroviamo inoltre il suo linguaggio anche nella lunetta con Santa Chiara a Venzone.
Nel 1548 esegue la statua di San Nicolò per la parrocchiale di Castelnovo del Friuli, parte di un perduto altare lapideo, statua oggi ricomposta e ricollocata in una cappella lungo la parete sinistra della navata della Chiesa di San Nicolò. I pagamenti accertati tra il 1548 e 1549, già conservati in un registro del perduto archivio parrocchiale, ne attestano la paternità così come è documentato, accanto al padre, l’intervento del figlio Alvise nella realizzazione per la stessa comunità di Castelnovo di una seconda statua di San Nicolò (1553-1561) ora conservata al Museo Diocesano di Pordenone.

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